Quanti contanti si possono prelevare in banca

La legge non dice fino a quanti contanti si possono versare in banca, tantomeno stabilisce quanti contanti si possono prelevare in banca. Tuttavia per evitare e controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza è opportuno adottare alcune accortezze. Vediamo insieme quali.

Quanti contanti può prelevare in banca il privato

Sappiamo che anche nel 2024 la cifra massima che si può pagare in contanti è 4.999,99 euro. Tale soglia, tuttavia, si applica unicamente al trasferimento di denaro tra soggetti diversi e non anche alle operazioni di prelievo e versamento sul proprio conto corrente bancario o postale.

Questo significa una sola cosa, ossia che se un contribuente persona fisica ordina un prelievo dal proprio conto di una somma superiore ai 5.000 euro, non viola alcuna normativa sulla tracciabilità.

In altre parole il privato prelevare dal proprio conto corrente qualsiasi importo desideri, senza che l'operatore di sportello possa in qualche modo opporsi alla sua richiesta, magari prospettando il rischio di una violazione delle prescrizioni sull'uso dei contanti.

Per un discorso legato alla normativa sull’antiriciclaggio, l’operatore può al massimo richiedergli delle spiegazioni nel caso in cui, trattandosi di un importo rilevante, abbia il sentore che dietro possa celarsi un'operazione poco chiara o peggio una truffa, ma di certo non può rifiutarsi di accogliere la sua richiesta.

Per i privati, tuttavia, la singola banca potrebbe fissare un limite giornaliero (ad es. fino a 1.000 euro) e mensile (da 2.000 a 3.000 euro) al prelievo di contanti, ma tale soglia risponderebbe unicamente ad un'esigenza di disponibilità del contante e non di rispetto delle disposizioni normative.

Se, dunque, il privato cittadino vince una cifra consistente al lotto e poi decide di prelevare una parte di questa somma (ad es. 10.000 euro) dal proprio conto per una vacanza alle Maldive o per donarla ai propri figli, non commette alcun illecito.

Se di fronte a situazioni come quella appena prospettata, il privato dovesse trovarsi di fronte ad un rifiuto netto da parte dell'istituto a consegnargli la cifra richiesta, questi non ha che una strada: esporre un reclamo scritto alla direzione della banca e nel caso ricorrere all'Arbitro Bancario Finanziario.

Tuttavia se nell'arco di un mese superassi la somma di 10.000 euro, potrebbe scattare la segnalazione della banca prima alla sede centrale dell'istituto e poi alla UIF, l’Unità di Informazione istituita presso la Banca d’Italia, la quale provvederebbe ad avviare le indagini per verificare se sono state commesse o meno violazioni. Il cliente a questo punto dovrebbe fornire tutti i necessari chiarimenti circa il prelievo effettuato. Qualora ci fosse il sospetto di commissione di un reato verrebbe informata anche la Procura della Repubblica. 

Una regola fondamentale è quella di tenere sempre traccia dell’impiego dei soldi contanti prelevati allo sportello. Occorre naturalmente una documentazione a supporto e non una semplice annotazione in agenda o sull'estratto conto: ad esempio ricevute, fatture, contratti o anche una semplice scrittura privata che attesti la donazione ad un parente o un amico.

In quest'ultimo caso, tuttavia, per evitare che il documento venga redatto solo in occasione dell'accertamento fiscale, occorre attribuirgli una "data certa" (con ricorso a notaio, PEC, raccomandata a te stesso, ecc.).

Quanti contanti può prelevare in banca l'imprenditore

Se per il privato non esistono limiti al prelievo del contante, non altrettanto può dirsi per imprenditori e società. Infatti nel caso in cui il titolare di una ditta o il rappresentante legale di una società effettuasse un prelievo superiore ai 1.000 euro al giorno o superiore ai 5.000 euro mensili, si esporrebbe al rischio di un controllo da parte del fisco.

Intendiamoci nessuna sanzione da parte dell'Agenzia delle Entrate, ma semplicemente una richiesta di chiarimento in merito all'impiego delle somme prelevate.

Quanti contanti si possono versare in banca

Se effettuare il prelievo di un qualsiasi importo in banca non comporta particolari problemi, non altrettanto può dirsi per i versamenti in contanti sul proprio conto corrente.

Il motivo è semplice: tutto ciò che il privato cittadino o l'imprenditore versano sul proprio conto (attraverso bonifici, contanti, ecc.), si presume un reddito accertabile e dunque soggetto a tassazione

Faccia un esempio e supponiamo che il sig. Rossi versi la somma di 15.000 euro in contanti sul proprio conto. In una simile ipotesi sono due le scelte che il sig. Rossi può fare: 

  1. sottrarsi ad eventuali controlli del fisco denunciando l'entrata nella propria dichiarazione dei redditi;
  2. non dichiarare nulla sul proprio 730 o Unico, ma prepararsi a fornire spiegazioni ad una possibile richiesta di chiarimenti da parte dell'Agenzia delle Entrate.

Nel secondo caso il sig. Rossi sarà costretto a fornire una prova non generica ma analitica dell'operazione effettuata. Già perché per l'Agenzia delle Entrate vale la presunzione automatica secondo cui dietro quel versamento di 15.000 euro potrebbe celarsi un reddito non dichiarato.

Ciò anche nel caso in cui quel versamento fosse il frutto di un risarcimento, di una regalia da parte dei nonni, dell'apertura del salvadanaio o di una vincita alla slot machine. In tutti questi casi, dunque, l'onere della prova è in capo al contribuente, ossia a colui che ha effettuato il versamento in contanti. Se questi non è in grado di dimostrare la provenienza di quei contanti, scatta automaticamente la tassazione: per l'Agenzia delle Entrate, infatti, l'operazione non può che essere il frutto di una evasione fiscale.

In linea generale è chiaro che il rischio di un controllo da parte del fisco è maggiore quando si versano importi consistenti e soprattutto incompatibili con i redditi dichiarati. Se Rossi nel 2024 dichiara 15.000 euro e nello stesso anno fa un versamento sul conto di 20.000 euro (anche in forma dilazionata) è chiaro che la spia del fisco potrebbe accendersi. La stessa cosa potrebbe accadere nel caso in cui percepisse una pensione o uno stipendio con accredito in conto corrente e poi versasse periodicamente delle somme in contanti sul conto corrente.

In tutti questi casi il fisco, anche a distanza di 7 anni, potrebbe porgli una semplice domanda: "chi ti ha dato quei soldi?".

Come detto in questi casi il sig. Rossi sarà tenuto a fornire una prova documentale che attesti la provenienza di quei contanti. Dunque non sarà sufficiente dire al funzionario dell'Agenzia delle Entrate che quei soldi glie li ha donati il papà o che li ha vinti al calcio scommesse (tra l'atro a nulla serve la causale riportata sulla distinta di versamento). Per stare agli esempi fatti, dovrai necessariamente fornire una scrittura privata con data certa che attesti la donazione da parte di suo padre o fornire le ricevute relative alle vincite conseguite.

E' evidente che in alcune circostanze potrebbe non essere così agevole fornire delle prove, per cui il consiglio che diamo è di limitarsi a versare cifre modeste e in linea con i redditi dichiarati. Se non si vuole correre rischi, non resta che conservare i contanti sotto la mattonella o in una cassetta di sicurezza.

Concludiamo ricordandoti che per la normativa sull'antiriciclaggio anche il funzionario di banca potrebbe chiederti spiegazioni (attraverso la compilazione di uno specifico modulo di dichiarazione) nel momento in cui effettui un versamento in contanti di una certa consistenza.

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