Cosa succede se l'assegno è scoperto
Con la crisi economica e la contrazione del credito, l’emissione di assegni senza provvista ("a vuoto" o "scoperti"), ossia senza che sul conto ci siano depositati soldi sufficienti a pagarli, è divenuta una violazione in cui incorre un numero sempre maggiore di correntisti. Va detto subito che l’emissione di un assegno a vuoto ha delle conseguenze piuttosto rilevanti, anche se con il D.Lgs. 30.12.1999, n. 507 il reato è stato depenalizzato e configura solo un illecito amministrativo punito dalla legge con sanzioni pecuniarie e con la "revoca di sistema". Ma vediamo esattamente cosa accade quando viene presentato all’incasso un assegno non coperto.
Preavviso di revoca e pagamento tardivo
In questi casi la banca invia al correntista il c.d. "preavviso di revoca", invitandolo a pagare e a presentare prova dell’avvenuto pagamento nei modi e nei termini indicati nel preavviso stesso. Il cliente viene, altresì, informato sulle conseguenze dell’eventuale inadempimento. Il "pagamento tardivo" dell'assegno, maggiorato della penale (il 10% dell'ammontare dell'assegno a titolo di penale), degli interessi legali e delle eventuali spese di protesto, deve essere effettuato nel termine di 60 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione dell'assegno.
Tenendo presente che il termine per la presentazione al pagamento è di 8 ovvero 15 giorni dalla data di emissione a seconda che si tratti di assegno su piazza ovvero fuori piazza, il termine per il pagamento tardivo è pertanto di 68 (60 + 8 ) ovvero di 75 (60 + 15) giorni dall'emissione.
Va sottolineato, peraltro, che il pagamento tardivo effettuato soltanto per l'importo nominale dell'assegno, senza ricomprendere i predetti oneri accessori, non consente di evitare le conseguenze di seguito descritte.
Il pagamento tardivo può avvenire alternativamente:
- costituendo sul c/c i fondi necessari per il pagamento dell'intero importo dovuto;
- direttamente al beneficiario dell'assegno, sempre con riferimento all'intero intero importo dovuto; in tal caso, al fine di provare l'avvenuto pagamento, è necessario che il beneficiario rilasci un'apposita quietanza liberatoria assegno con firma autentica ovvero con attestazione della banca, comprovante il versamento degli importi dovuti (valore nominale più oneri accessori);
- direttamente al pubblico ufficiale che ha levato il protesto. In questo caso, il correntista, per evitare che la banca dia corso alla revoca di sistema, deve presentare alla stessa, nel termine previsto per effettuare il pagamento tardivo, l'attestato di avvenuto pagamento tardivo rilasciato dal pubblico ufficiale interessato.
Segnalazione al CAI e al Prefetto
Qualora il correntista non si conformi ai prescritti obblighi, la banca:
- segnala il nominativo alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI), un archivio gestito dalla Banca d'Italia nel quale vengono raccolti e documentati gli utilizzi anomali di assegni bancari, come anche di assegni postali e carte di pagamento. La conseguenza automatica dell'iscrizione alla CAI è la c.d. "revoca di sistema", ossia il venir meno di ogni autorizzazione all'emissione di assegni bancari per un periodo di sei mesi e l'obbligo di restituzione di quelli non ancora utilizzati. Per la durata di sei mesi, quindi, il cliente non potrà emettere assegni;
- effettua la segnalazione al Prefetto del luogo di pagamento dell’assegno. Quest’ultimo alla ricezione del rapporto o dell’informativa da parte del notaio, del segretario comunale o della banca che ha sollevato protesto, provvede nel termine di 90 giorni alla notifica degli estremi della violazione al soggetto che ha emesso l’assegno.
Quest'ultimo ha 30 giorni di tempo per inviare scritti difensivi al Prefetto corredati da idonea documentazione. Non è ammessa audizione personale.
Ingiunzione di pagamento e sanzioni
La Prefettura, valutate le deduzioni una volta presentati gli atti, può emettere l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione pecuniaria e disporre, in eventuale aggiunta, una sanzione accessoria ovvero l’archiviazione del procedimento.
Per l’emissione di assegni in difetto di provvista, la sanzione amministrativa pecuniaria va da € 516,46 a € 3.098,74, ovvero da € 1.032,91 a € 6.197,48, in presenza di emissioni di importo superiore a € 10.329,14 o di violazioni reiterate.
Le sanzioni accessorie consistono invece:
- nel divieto di emettere assegni bancari e postali per una durata non inferiore a 2 anni e non superiore a 5 anni. Tale divieto opera automaticamente nel caso di emissione di assegni in mancanza di autorizzazione, mentre nell’ipotesi di emissione di assegni in carenza di provvista opera soltanto quando l’importo dell’assegno, ovvero di più assegni emessi in tempi ravvicinati e sulla base di una programmazione unitaria, è superiore a € 2.582,00;
- in casi di particolare gravità dell’illecito, per una durata non inferiore a 2 mesi e non superiore a 2 anni:
- nell’interdizione dall'esercizio di un'attività professionale o imprenditoridivieto di emettere assegniale;
- nell’interdizione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
- nell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.
Ricorso e rateizzazione
Il soggetto nei cui confronti è stata emessa l’ordinanza ingiunzione di pagamento può, entro 30 giorni dalla notifica, proporre ricorso al Giudice di Pace competente per territorio (scarica il fac-simile di ricorso).
Inoltre l’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, può presentare al Prefetto che ha emesso l’ordinanza ingiunzione di pagamento una richiesta di rateizzazione mensile (da tre a trenta a rate) della sanzione pecuniaria. Scarica il