Modello QUIR per la richiesta del TFR in busta paga

Rinaldo Pitocco - Ultimo aggiornamento: 24/03/2015
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Modello con cui il lavoratore dipendente del settore privato con un contratto in corso da almeno sei mesi, poteva chiedere al proprio datore di lavoro di ricevere in busta paga il Tfr maturando. La richiesta poteva essere avanzata in ogni momento nel corso dei tre anni in cui era in vigore questa possibilità (3 Aprile 2015 – 30 Giugno 2018).

L'anticipo del Tfr

Prima che il Governo introducesse in via sperimentale questa ulteriore possibilità di incassare direttamente sulla busta paga una parte del Tfr, era già possibile per il lavoratore dipendente richiedere un’anticipo Tfr, addirittura fino al 70% dell’importo maturato.

Il lavoratore, tuttavia, doveva aver maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro e la richiesta doveva essere giustificata da uno dei seguenti motivi: spese sanitarie di carattere straordinario, acquisto della prima casa di abitazione (per il richiedente o per i figli), spese da sostenere durante i congedi per maternità o per formazione.

L'anticipo Tfr in busta paga: pro e contro

Ma torniamo alla possibilità concessa ai lavoratori di incassare direttamente sulla busta paga una parte del Tfr. Il dilemma: meglio l’uovo oggi o la gallina domani?

E’ chiaro che chi sceglieva di avere l'anticpo del Tfr in busta paga lo faceva perché evidentemente aveva bisogno di quei soldi in quel preciso momento e non dopo 15, 20 o 30 anni: ripianare un debito, far fronte a delle spese impreviste, ecc. E’ altrettanto chiaro che il lavoratore doveva essere consapevole del fatto che, optando per questa scelta, avrebbe avuto un Tfr più basso nel momento in cui sarebbe andato in pensione.

C’è da dire che l'anticpo del Tfr in busta paga non veniva considerato nel computo del reddito complessivo per la concessione del bonus da 80 euro. Neppure l’imponibile previdenziale veniva influenzato dalla liquidazione in busta paga del Tfr. E questi erano aspetti di indubbio vantaggio.

Tuttavia la scelta andava fatta sulla base anche di altri elementi, vediamoli insieme.

Innanzitutto va detto che una volta effettuata la scelta, la quota del Tfr veniva accreditata mensilmente in busta paga fino al 30 Giugno 2018, senza alcuna possibilità di tornare indietro.

Un aspetto a cui riservare particolare attenzione riguardava la tassazione. Va detto, infatti, che l'anticpo del Tfr in busta paga, cumulandosi con il reddito, veniva tassato secondo l'aliquota ordinaria Irpef, più elevata di quella separata. Una tassazione, dunque, che rendeva l’operazione particolarmente sconveniente per i redditi medio-alti visto che su di essi gravava un’aliquota Irpef più elevata.

Inoltre la busta paga resa più pesante dal Tfr finiva non solo col diminuire gli effetti delle detrazioni per lavoro dipendente e per i familiari a carico, ma rischiava di avere effetti negativi anche sul reddito ISEE. Si ricorda che l’ISSE serve per accedere a condizioni agevolate alle prestazioni sociali (asili nido, servizi socio-sanitari domiciliari, diurni, residenziali, buoni sostegno al pagamento canone di affitto, ecc.) o ai servizi di pubblica utilità (riduzioni su trasporto pubblico, tassa rifiuti, imu, ticket sanitari, ecc.).

In definitiva erano tanti gli aspetti da valutare prima di un’eventuale adesione.

A quanto ammontava l'anticipo del Tfr

Per un lavoratore che guadagnava 15.000 euro lordi all’anno l'anticpo del Tfr in busta paga ammontava a poco più di 65 euro al mese, si saliva a circa 105 euro al mese per chi aveva un reddito di 25.000 euro e a poco più di 140 euro per chi guadagnava 40.000 euro lordi all’anno.

Chi poteva fare domanda

Potevano richiedere mensilmente in busta paga, come quota integrativa della retribuzione (Qu.I.R.), la corresponsione delle quote maturande del TFR, solo i lavoratori dipendenti del settore privato con un contratto in corso da almeno sei mesi.

Avevano questa possibilità anche i lavoratori che avevano deciso di trasferire le quote di Tfr ad un fondo di previdenza integrativa e coloro che avevano deciso di lasciare il Tfr in azienda.

Erano esclusi invece i dipendenti pubblici, così come i lavoratori dipendenti domestici e i lavoratori dipendenti del settore agricolo. Non potevano farne richiesta, inoltre, i lavoratori di aziende in procedura concorsuale, in ristrutturazione del debito, in cassa integrazione straordinaria o in deroga.

Non potevano, infine, fruire di questa possibilità coloro che avevano utilizzato il Tfr maturato a garanzia di un finanziamento contratto con una banca o con una finanziaria.

Come fare domanda

I lavoratori interessati potevano richiedere in ogni momento (fino alla chiusura della finestra nel 2018) la liquidazione mensile del Tfr in busta paga, attraverso la presentazione al proprio datore di lavoro del “Modello unico Quir” debitamente compilato e validamente sottoscritto.

Una volta presentata l’istanza, il datore di lavoro procedeva alla verifica del possesso dei requisiti da parte del lavoratore. Se i requisiti erano soddisfatti, l’erogazione del Tfr in busta paga avveniva secondo delle tempistiche che variavano in relazione al tipo di azienda in cui si lavorava. In particolare per le aziende con più di 50 dipendenti, il Tfr era liquidato a partire dal mese successivo a quello di formalizzazione dell’istanza.

Invece i tempi erano più lunghi per quelle aziende con meno di 50 dipendenti che, allo scopo di acquisire la provvista finanziaria necessaria per operare la liquidazione del Tfr come parte integrante della retribuzione nei confronti dei lavoratori dipendenti che esercitavano detta opzione, accedevano al finanziamento assistito da garanzia. In questo caso, infatti, l’erogazione iniziava a partire dal terzo mese successivo a quello di formalizzazione dell'istanza.

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